Estoy convencida de que si queremos saber quiènes somos y hacia dònde vamos es necesario
saber de dònde venimos y cuàles son nuestros orìgenes.Orìgenes que se remontaràn,en un pretencioso
viaje por los siglos,hasta el inicio mismo de la raza humana.
El nombre que los hombres llevamos por sangre y por herencia lleva,en cada punto de su trazo,la
historia de otros hombres que lo transportaron hasta hoy,para depositarlo en nuestra identidad y desapa-
recer fìsicamente.Asì serà el destino que nos toque a travès de nuestros hijos y de los hijos que de
nuestros hijos vengan.
Por eso siento que en mi sangre y en mi nombre llevo todos los muertos ancestrales,la risa,
el llanto,el mar,el dolor.Y los temblores de todos esos hombres y mujeres que entretejen redes invi-
sibles sin las cuales nuestra identidad no estarìa completa.
Si no creyera en esto que digo,serìa inexplicable que,habiendo nacido en plena pampa,en un
perdido pueblo de la provincia de Buenos Aires,viaje mentalmente todos los dìas hasta Brescia,me
mueva en ese puñado de casas que es Pralboino como si jamàs me hubiera movido de allì o caiga
de rodillas frente a la arena del desierto.
Vivì siempre en el barrio àrabe,donde en cada puerta habìa una mujer vestida de negro,sentada
en una silla bajita en la vereda,donde las palabras guturales del idioma se mezclaban con el olor de los
braseros y el incienso.Por allì caminaba con mi abuela recièn llegada de un viaje imaginario por
Sorrento.
Puedo jurar que sin haberme movido de aquì,a los cinco años ya me habìa mojado los pies en el
Tirreno y seguìa caminando por esas calles de tierra,envuelta en el vaho penetrante del keepe,y del
baklaba,donde los gritos del turco que vendìa baratijas se mezclaban con mi ingreso a la escuela.
Esto no es un simple ejercicio de memoria,es una manera de vivir,donde al bucear en el
torrente sanguìneo,uno abreva en sus profundìsimas raìces y,al encontrar el legado de esa herencia
visceral,se pone a vivir con toda la sangre a la intemperie.
Sono convinta che si vogliamo sapere chi siamo,verso dove andiamo,c'e'bisogno di sapere quale
sia la nostra origine.Questi origini che risalgono in un preteso viaggio per i secoli fino al inizio stesso
della razza umana.
Il nome che gli uomini portiamo dentro il sangue e ce per eredità lo porta,in ogni punto della sua
traccia,la storia di altri uomini che l' hanno trasportato fino ad oggi,per lasciarlo nella nostra identità
finchè scomparisce.Così sarà il destino che dovremo vivere atraverso i nostri figli ed i figli che
dai nostri figli verranno.
Perciò sento che nel mio sangue e nel mio nome porto tutti gli antenati,el riso,el pianto,il mare,
il dolore.Ed i freniti di tutti quelli uomini e donne che intrecciarono le reti invisibili senza di cui la
nostra identità non sarebbe mai completata.
Se non credese a questo che dico,rimarrebbe senza spiegazione che ancora essendo nata in piena
pampa,in un paese perso nella Provincia di Buenos Aires,potesse viaggiare tutti i giorni fino a Pralboino
come se mai fosse stata mossa di là e sia caduta inginocchiata di fronte alle sabbie del deserto.
Sono visuta sempre nel quartiere arabo,dove in ciascuna porta c'era una donna vestita di nero,
seduta in una sedia bassa sul marciapiede,dove le parole guturale della lingua si mescolavano con
l' odore dei legni e dell' incenso.Li camminavo con la nonna arrivata da un viaggio inmaginario
per Sorrento.
Posso giurare che senza essermi mai mossa da cui,a cinque anni già ero bagnati i piedi nel
Tirreno e continuavo a camminare per le vie di terra,avvolta nel vapore profondo del keepe e del
baklaba,dove i gridi del turco che vendeva cianfrusaglie si mescolavano con ilmio ingreso a scuola.
Questo non è un simplice esserccizio della memoria,è una forma di vivere,dove al ricercare nel
torrente sanguignose abbevera nelle profondissime radice a si trova la delega di quella eredità
viscerale e si mette a vivere con tutto il sangue all' intemperie.
Foto: Gerardo Ferrarotti
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